domenica 31 maggio 2020

UMANISMO: HEIDEGGER E SARTRE


Nato dal clima di profonda crisi sociale e politica che contraddistingue l’ Europa tra le due guerre mondiali, l’Esistenzialismo costituisce un movimento culturale che abbraccia teatro, poesia e musica. Inoltre il movimento pone le basi all’ orientamento filosofico che si sviluppa soprattutto in Francia e in Germania e che, in modi differenti, trova i suoi maggiori rappresentanti in Martin Heidegger, Karl Theodor Jaspers e Jean Paul Sartre.  
L’esistenzialismo si sviluppa sulla scia della grande letteratura della crisi e di un nuovo interesse per Kierkegaard, considerato colui che aveva saputo rivendicare per primo il bisogno di restituire senso alla singolarità dell’individuo concreto. 
I caratteri fondamentali dell’esistenzialismo sono:  l’attenzione rivolta all’uomo dal punto di vista della sua effettiva esistenza;
 il ripudio delle limitazioni a cui tutte le filosofie razionali e sistematiche sottopongono l’irripetibilità e l’unicità della persona. 
 Su queste basi l’esistenza umana viene segnata dal dubbio, dalla scelta, dall’angoscia, dal nulla, dal concetto di finitezza e morte dell’uomo.La ricerca del significato della vita e dell’essere si apre allo scacco e al fallimento: il mondo nel suo complesso, dagli esistenzialisti, è interpretato solo alla luce dell’assurdo e del non-senso.  
L’esistenzialismo, che ha avuto un ruolo preminente all’interno del panorama filosofico europeo fino agli anni ’50, prende il nome di Existenzphilosophie(=filosofia dell’esistenza) nei suoi due fondatori tedeschi: Karl Jaspers e Martin Heidegger.
Il panorama esistenzialistico si presenta ricco di posizioni originali e tra loro a volte molto diverse. 
 Vanno inclusi nella «mappa» esistenzialistica anche il francese Jean Paul Sartre (1905-1980) e l’italiano Nicola Abbagnano (1901- 1990), anche se il loro pensiero presenta caratteri attribuibili anche a correnti filosofiche come il marxismo nel caso di Sartre, e il pragmatismo sociologico nel caso di Abbagnano.  Leopere centrali del pensiero esistenzialista sono “Essere e tempo” (1927) di Martin Heidegger, il “Diario metafisico” (1927) di Gabriel Marcel, la “Filosofia” (1932) di Karl Jaspers, “Spirito e libertà” (1933) di Nicolaj Berdjaev e l’”Essere e il nulla” di J.P. Sartre. 
Il libro principale di Heidegger è Essere e tempo, un’opera tra le più significative del Novecento. In essa egli tenta di mettere al centro della filosofia, dopo lunga dimenticanza, «il problema dell’essere», cioè la questione, qualecompito primario della filosofia. Hiedegegr sostiene che l’ontologia deve essere intesa in senso soggettivo, come riflessione interiore sul senso dell’essere.
L’unico ente in grado di porsi il problema dell’essere è l’uomo, da Heidegger chiamato Da-sein, letteralmente Esser-ci. È l’uomo dunque l’unico essere capace di indagare, ed è l’ unico che può risalire al perduto senso dell’essere. 
 Solo partendo dalla propria esistenza, dunque, l’uomopuò indagare l’“essere”. L’  esistenza appare ad Heidegger caratterizzata da alcune dimensioni fondamentali:il poter-essere, che è rappresentato dall’insieme delle possibilitàdella nostra esistenza, cioè l’“aver da essere” (Zu-sein); l’essere-nel-mondo, cioè il vivere concreto dell’individuo tra cose e persone; l’apertura, la “cura”. 
Le modalità principali che Heidegger chiama «esistenziali» e che garantiscono un’ esistenza autentica, attraverso cui sperimentiamo il nostro essere-nel-mondo sono: la situazione emotiva e la comprensione. Essere-nel-mondo significa essere sempre coinvolti in una situazione emotiva: l’uomo non è uno spettatore disinteressato dei fenomeni e dei suoi significati. Attraverso la “comprensione”, l’essere umano indaga sulla propria essenza e sulle strutture fondamentali dell’esistenza. 
Il fatto che ci sperimentiamo naturalmente come soggetti avvolti nelle nostre scelte e decisioni, ovvero il nostro “poter-essere”, spinge Heidegger alla definizione del Da-seincome soggetto “caduto” in esso fuori dalle dimensioni spazio-temporali.
La situazione emotivarivela la nostra finitezza: la conoscenza e l’esistenza umana sono sempre relative, immerse nei pregiudizi, in opzionie  possibilità che  preesistonoe che ci sovrastano e che costituiscono un’ esistenza non autentica. Dopo aver riflettuto sui due esistenziali principali, si può  indagare sul senso dell’essere dell’esser-ci. Questo fenomeno è definito con il termine latino “Cura”.Per Heidegger il significato dellaCura è la temporalità, in un senso più originale. Infatti la Cura mostra una dimensione per cui passato, presente e futuro sono legati al senso complessivo del Dasein: il tempo è sempre in relazione con il progetto della propria esistenza.
Secondo Heidegger è possibile vivere autenticamente solo se si pensano a fondo le situazioni e le due esperienze più decisive della vita umana, quali: l’angoscia e la morte. La prima, a differenza della paura, non si riferisce a singoli fenomeni, ma alla totalità dell’esistenza. La morte, radicalizzando l’esperienza dell’angoscia, mostra che l’ esistenza è minacciata da una totale precarietà.
Heidegegr pensa anche però che la morte sia anche in un certo senso un’esperienza privilegiata: ogni uomo è in realtà un essere-per-la-morte, un soggetto cui soltanto il potenziale venir meno delle possibilità può svelare il lato «autentico» dell’esistenza.

Accettare la morte non significa attenderla passivamente, ma assumere la sua idea come “inevitabile”, come limite “invalicabile” dell’esistenza. 
La cosiddetta “svolta”, o Kehre del pensiero heideggeriano, è collocabile negli anni Trenta del ’900: Heidegger sostiene che la metafisica occidentale è stata segnata da un “oblio dell’essere”, oblio causato dall’aver dimenticato la differenza ontologica, ossia la distanza costitutiva tra “essere” ed “ente”. Heidegger comprende perciò che per poter oltrepassare la metafisica, è necessario un radicale attraversamento dei momenti fondativi della sua tradizione. In tali momenti, Heidegger si identifica con quello dei filosofi Presocratici, i quali secondo lui avevano una visione apoditticadi accettazione dell’essere poiché la natura greca non poteva essere oggetto di calcolo, investigazionee manipolazione. Secondo Heidegger, il dovere attuale della filosofia è quello di risalire e attraversare la tradizione ricorrendo ad un pensiero rammemorante capace di svelare tracce dell’iniziale mostrarsi della verità. Questa forma di “risalimento” è possibile ascoltando e interrogando la poesia e l’opera d’arte: l’ arte  infatti, secondo Heidegger, è la dimensione essenziale in cui la verità  si mette all’ opera nella sua valenza originaria. Per Heidegger, dunque, l’interrogazione sull’essenza del linguaggio costituisce un modo privilegiato di avvicinarsi alla natura e alla verità. 
Contrapposto ad Heidegger, vi è Jean-Paul Sartre, il quale persegue l’ideale pacifista nel dopoguerra; il pensatore influenza avversi campi del sapere, vari movimenti rivoluzionari e teorie che si rifacevano al marxismo. 
I primi progetti di Sartre sono segnati dalla scoperta della filosofia hegeliana e della fenomenologia husserliana, seguiti da approfonditi studi di psicologia. Leggendo Hegel in chiave esistenziale e seguendo Husserl, Sartre critica la psicologia contemporanea francese, poiché troppo legata ad una visione naturalistica che nega l’emozione. 
L’ “Essere e il nulla”, opera che risale al 1943, segna la sistemazione delle riflessioni sartriane sulla natura della coscienza che esalta il rapporto contraddittorio tra libertàdel soggetto e condizionatezza  nel mondo. Il filosofo francese pone la distinzione tra il per-sé e l’ in-sé. La prima espressione indica la coscienza , intesa come intenzionalitàdel soggetto verso le cose; la secondadesigna il mondo nel quale vive l’uomo. L’ “in-sé” è compatto, chiuso, privo di rimandi all’esterno, impenetrabile e senza tempo; al contrario il “per-sé” è libero, temporale, colmo di opportunità. Con l’analisi del “per-sé” iniziano a sorgere  gli aspetti drammatici della filosofia sartriana: la coscienza ha infatti per condizione necessaria e assoluta il nulla, nulla che rivela l’assurdità del mondo esterno. Il Nulla proviene da noi stessi. La volontà di trascendere le cose, di superare la scissione tra noi e il mondo, ci fa infatti scoprire che siamo drammaticamente condannati alla libertà, cioè siamo spinti a conferire senso alle cose, a non arrenderci all’assurdità del mondo. 
Il limite dell’uomo, però, è proprio l’impossibilità di spiegare la sua esistenza e il suo essere nel mondo. Questa consapevolezza rende l’uomo un dio mancato, e la presa d’atto della mancanza di senso dell’esistenza porta l’individuo alla nausea.
I temi dell’Essere e il Nulla ottengono successo, ma suscitano critiche. In risposta a quest’ ultime e a seguito della propria esperienza di guerra, successivamente Sartre cerca gli aspetti positivi del suo pensiero. Ne “L’ Esistenzialismo è un umanismo”, Sartre rifiuta l’interpretazione negativa o nichilista del suo pensiero, definendo l’esistenzialismo non come una dottrina pessimista e nichilista , ma piuttosto come una filosofia della libertà, una libertà situata, la quale si può concretizzare nella sceltae nell’impegno politico. Questa tendenza a conferire importanza sempre crescente all’impegno pratico ed all’azione politica culmina con la generica rivalutazione del marxismo. Sartre cerca infatti di conciliare il pensiero di Marx con gli sviluppi dell’approccio esistenzialista, orientando il proprio pensiero all’impegno e alla responsabilità nella denuncia delle forme di alienazione e oppressione. 
Sartre inoltre respinge il materialismo dialettico di stampo sovietico, ritenuto scolastico e dogmatico e responsabile di aver annullato l’individuo e le sue peculiarità. 
L’apporto dell’esistenzialismo porta Sartre all’elaborazione di una teoria critica del soggetto. Per il pensatore francese, la ragione dialettica deve essere incentrata sulla praxis individuale che si intreccia con la praxis degli altri: la libertà resta la caratteristica principale degli uomini, non è più però considerata quale libertà assoluta, ma è ora vista come libertà storicamente condizionata. 

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