giovedì 20 febbraio 2020

La filosofia di Nietzsche






Nietzsche critica ogni forma di accettazione della metafisica e dissacra tutti i valori tradizionali a partire dall’etica e ritiene che la vita sia irrazionalitàdolore e distruzione, solo l’arte può offrire all’uomo la forza di trasformare la vita.
Il suo pensiero filosofico costituisce un importante punto di riferimento per numerosi filosofi contemporanei.

La prima opera importante di Nietzsche, la Nascita della tragedia, costituisce una notevole reinterpretazione del mondo greco centrata sui concetti di apollineo dionisiaco.
Si tratta di analizzare due istinti contrastanti, di due forze psicologiche in lotta, di due grandi dimensioni della civiltà e dell’anima greca.
L’apollineo attiene a ciò che tradizionalmente viene attribuito alla “classicità”: ordine, equilibrio, misura, armonie perfezione delle forme e dell’arte figurativa.
Il dionisiaco è invece la dimensione della forza creatrice della musica, del caos, dell’ebbrezza, del mito.
Secondo Nietzsche, la tragedia attica (Eschilo e Sofocle) è  un momento di sintesi tra Apollo Dioniso, una sospensione della loro originaria ed eterna lotta. La tragedia deriverebbe infatti dal «coro dei Satiri» — cioè da un’antichissima processione svolta in onore di Dioniso — che mirava ad un ritorno dello «stato naturale» dell’uomo, che si manifesta attraverso danze orgiastiche e canti visionari. Per una sorta di reazione all’“invasamento” di questi canti e di danze vennero prodotte forme e immagini «apollinee»: nacque cioè la tragedia come «rappresentazione apollinea di conoscenze e moti dionisiaci».
Tuttavia, questa miracolosa sintesi tra Dioniso e Apollo durò poco: la forma tragica, dopo Eschilo Sofocle, «morì suicida» perché ad ucciderla fu un altro tragediografo, Euripide. Con quest’ultimo, prevalse il momento “morale” della rappresentazione e, così, andò perduto il lato oscuro e misterioso delle tragedie originarie ed anche il perfetto equilibrio che tra dionisiaco apollineo (a favore di quest’ultimo) che si era venuto a creare nel periodo attico.
Euripide trasformò il mito in una successione di vicende razionali con fini etici (di cui l’esempio migliore è il dispositivo del deus ex machina, l’intervento divino che dall’esterno che scioglie gli equivoci dell’intreccio e delle contraddizioni dell’opera teatrale).
Dietro il nome di Euripide, Nietzsche identifica in Socrate autentico responsabile della disgregazione della cultura attica. Fu il filosofo ateniese, infatti, ad introdurre nel mondo greco un modello di pensiero razionalistico, nemico del mito e del caos dionisiaco, successivamente ripreso ed intensificato da Platone. È proprio a quest’altro grande padre della filosofia che Nietzsche rivolge la sua critica più spietata: subordinando il mondo sensibile a quello delle idee, Platone ha, infatti, mortificato il corpo e svilito la realtà concreta, concetti poi ripresi anche dal cristianesimo.

Ma il filosofo tedesco si scaglia anche contro il socialismo. Si tratta di atteggiamenti che, spostando l’azione nel futuro, se non addirittura nell’aldilà, annientano il “qui” ora” e che sono le possibilità dell’uomo di affermarsi nel presente.

Nietzsche inoltre procede ad una radicale critica della cultura e della civiltà occidentali.
Lo scopo di Nietzsche è svelare le radici del «bisogno metafisico» dell’uomo, cioè della sua necessità di verità, di religiosità “istintive”e non imposte dall’alto. Si tratta sostanzialmente di renderci conto che nel corso della storia siamo stati dominati da un intenso bisogno di protezione e di consolazione a cui progressivamente si sono piegate sia la filosofia che la religione (e per certi versi anche l’arte) di tipico stampo cristiano.
Questo «bisogno di protezione» si è concretizzato anzitutto in una negazione della dimensione più vitale dell’esistenza: in una repressione dell’eros, del dionisiaco, dell’irrazionale, dell’amore per il mondo come ci si presenta.

In questo contesto, assume un ruolo di assoluto rilievo la questione della religione, anzi più espressamente il problema del cristianesimo, che costituisce il principale bersaglio della critica di Nietzsche. Si tratta, in particolare, del cristianesimo derivante dalla tradizione ecclesiastica, intriso di elementi platonici derivati a loro volta dal modello socratico dell’endemonismo etico che il giovane Nietzsche aveva già contestato.
Gli attacchi alla “chiesa storica” e ai fondamenti etici della nostra tradizione culminano nell’Anticristo (1888), testo in cui si delinea la più intransigente invettiva nietzscheana contro il cristianesimo. In questa radicale denuncia viene, però, risparmiata la figura di Gesù in quanto l’autentico messaggio di Cristo conterrebbe secondo Nietzsche un’idea di accettazione della vita e non di rinuncia ad essa: la «buona novella» altro non sarebbe che una forma di eliminazione della distanza tra Dio e uomo, un’affermazione della falsità dei concetti di colpa peccato che sono al centro dell’etica cristiana. Proprio a partire dalla critica al “cristianesimo storico” fa il suo ingresso un concetto centrale dell’ultima speculazione nietzscheana, quello di nichilismo, rappresentato dall’esito profondamente negativo cui sono pervenute la cultura e l’etica occidentali sotto l’impulso del cristianesimo. Dio stesso  quindi per Nietzsche si svela come la «nostra più lunga menzogna». La «morte di Dio» è la fine delle certezze metafisiche derivante dall’impossibilità di postulare (come fa il cristianesimo) una realtà trascendente rispetto a quella terrena: con Nietzsche, cioè, muore Dio come idea della verità razionale e dell’etica metafisica.

Questi sono tutti temi al centro dell’opera Così parlò Zarathustra, un grande poema in prosa in cui appare evidente la parodia letteraria della Bibbia: in esso si racconta del ritorno e della predicazione di Zarathustra (antico profeta iranico) nella sua terra dopo dieci anni di meditazione solitaria su una montagna. Tutta l’opera è volta a stabilire le conseguenze sull’uomo derivanti dalla morte di Dio, del tramonto delle sue certezze metafisiche, dello sgretolamento dell’orizzonte cristiano in cui siamo vissuti per circa due millenni.
La risposta di Nietzsche è che la morte di Dio implica un superamento dell’umanità storica così come si è effettivamente sviluppata: il concetto di superuomo (ma il termine tedesco è über-mensch, che sarebbe meglio tradurre con «oltre-uomo») sta proprio a significare il distacco dal bene e dal male che è la radicale novità di questa concezione rispetto alla visione tradizionale di essere umano. Dice infatti Zarathustra:
«Io vi insegno il superuomo. L’uomo è qualcosa che deve essere superato. Che avete fatto per superarlo? (...) Morti sono tutti gli uomini: ora vogliamo che il superuomo viva! Questa sia un giorno, nel grande meriggio, la nostra ultima volontà!»
Questo “uomo nuovo”, secondo Nietzsche, sarebbe, facendo leva sulla sua volontà ed accettazione del mondo come gli si presenta (amor fati), capace di vivere (o sopravvivere) sopportando la perdita delle certezze nozionali assolute e di oltrepassare il nichilismo. Sarebbe dunque un essere finalmente “vitale”, in grado di vivere una esistenza esclusivamente terrena priva di necessità metafisiche, senza esser costretto a guardare al passato o proiettarsi nel futuro per ritrovare se stesso.
L’avvento di una nuova umanità per il filosofo Sassone potrà compiersi, però, a patto di uno sforzo per la «trasvalutazione di tutti i valori» che implica una radicale trasformazione della nostra vita, prima tra tutte il tempo. È questo il concetto dell’eterno ritorno
L’eterno ritorno è legato alla morte di Dio poiché il Dio che muore è soprattutto il Dio etico dell’escatologia cristianadella trascendenza che ha spinto a pensare il tempo della nostra vita come scandito linearmente da passato, presente e futuro, e cioè come orientato indirizzato verso un esito perfetto, realizzabile solo in Cristo.
 L’escatologia è la scienza che indaga sul destino finale dell’uomo e dell’Universo.
L’eterno ritorno ci porta poi all’ultimo centro della speculazione nietzscheana, il concetto di volontà di potenza (Wille zur Macht)
La «Volontà di potenza» non significa dunque sopraffazione o primato del più forte, come è stata mal interpretata in epoca nazista, ma costituisce solo la volontà di accettare ed interpretare liberamente il mondo, come desiderio, impulso ludico, energia, forza creativa, apertura alle più originale ipotesi conoscitive.

Ma nell’eterno ritorno si esprime anche l’idea che il superuomo debba poter accettare volontariamente che tutto torni, che cioè possa amare così intensamente la propria esistenza da desiderare di riviverla per sempre, senza alcuna nostalgia metafisica della verità.
A questa forma di accettazione Nietzsche dà il nome di amor fati: il superuomo, cioè, deve essere in grado di accogliere l’esistenza in tutti i suoi aspetti, anche quelli dolorosi e ingiusti per l’affermazione della “vita nella sua totalità”. Il «super uomo» vive immerso solo unicamente suo presente, che costituisce la sua unica eternità.

















La vita di Nietzsche






Già alle soglie del 1900 si delinea una decisa opposizione al “positivismo”, corrente filosofica-scientifica considerata insufficiente a costruire una nuova scienza e inadeguata a soddisfare le esigenze conoscitive dell’uomo.
Al positivismo si contestano un astratto ottimismo circa l’immutabilità delle leggi scientifiche e la mancanza di un adeguato riconoscimento dell’opera dell’individuo nella costruzione della scienza.

Un peso veramente notevole nella generale reazione della cultura europea nell’opposizione al positivismo ebbe, poi, il pensiero di Friedrich Nietzsche.


Friedrich Nietzsche nasce a nel 1844 a  Röcken in Sassonia, studia teologia e filologia.


Da giovanissimo occupa la cattedra di filologia classica all’Università di Basilea ed è stato amico di R. Wagner e J. Burkhardt. È questo il periodo delle prime grandi opere: 

-La nascita della tragedia dallo spirito della musica (1872); 
-Considerazioni inattuali(1873-76); 
-Umano, troppo umano (1878)

Dopo aver lasciato l’insegnamento universitario, si stabilisce in Alta Engadina, presso Torino. A questo periodo appartengono le sue opere mature:
-Aurora (1881);
-La gaia scienza (1882);
-Così parlò Zarathustra (1883- 85);
-Al di là del bene e del male (1888); 

-Genealogia della morale (1887);
-Crepuscolo degli idoli (1888).

Postume invece uscirono
-Anticristo;
-Ecce homo;
-La volontà di potenza (sui frammenti che compongono quest’ultimo testo, profondamente manipolati dalla sorella Elisabeth che li fece pubblicare postumi, si basarono in seguito le più deliranti interpretazioni naziste e antisemita di Nietzsche).

Nel 1889, a Torino, il filosofo viene colto da una crisi psichica, è stato quindi ricoverato in una clinica a Weimar.
Sempre a Weimar nel 1900 è morto.