venerdì 29 maggio 2020

La filosofia di Sartre

TRA PSICOLOGIA E FENOMENOLOGIA: I primi progetti di Sartre sono segnati dalla scoperta della filosofia hegeliana e della fenomenologia husserliana, seguiti da approfonditi studi di psicologia. Leggendo Hegel in chiave esistenziale e seguendo Husserl, Sartre critica la psicologia contemporanea francese troppo legata ad una visione naturalistica che nega l’emozione che non è mai riducibile ad un «fatto» empiricamente analizzabile.
Considerata da un punto di vista fenomenologico, la sfera emotiva va pensata come espressione stessa della coscienza, come sua «forma organizzata» perché l’esistenza precede l’essenza.
Anche gli studi sull’
immaginario procedono in questa direzione perché emozione immaginazione, da un punto di vista fenomenologico, costituiscono dei modi privilegiati di accedere alla realtà della coscienza.
Sia l’emozione che l’immaginazione costituiscono le dimensioni della coscienza attraverso cui il soggetto coglie da un lato il suo essere «situato», cioè naturalmente collocato tra le cose; dall’altro che da queste cose in cui è immerso è possibile sempre distaccarsi, perché gli uomini sono liberi di creare una realtà «altra» rispetto al mondo esterno: con l’immaginazione, infatti, possiamo sia «trascendere» il reale, che negare l’essere stesso.  
LA CRITICA AD HUSSERL E IL VALORE DELLA COSCIENZA: Husserl a Sartre rimprovera di aver frainteso l’autentica costituzione della coscienzainterpretandola in modo idealistico, cioè come espressione psichica di un «io» separato dal mondo.
La 
coscienza al contrario non si riduce all’io, ma è «vuota», «trasparente», libera anche se immersa nelle situazioni vissute.Sartre sostiene che la sua funzione della coscienza consiste nell’essere limitata dalle sole cose che percepisce, di quelle che sente o in cuisi immerge e che proprio in quanto tale va considerata assoluta e indipendente:
«Tutto è fuori, tutto! persino noi stessi: fuori, nel mondo, tra gli altri. Non in un ipotetico rifugio noi scopriremo noi stessi: ma per la strada, per la città, in mezzo alla folla, cosa tra le cose, uomo tra gli uomini». Sartre cioè capovolge la formula Cartesiana “penso, dunque, sono”, in “esisto, dunque, sono”.
ESISTENZIALISMO DI SARTRE: LEssere e il nulla (1943) segna la sistemazione delle riflessioni sartriane sulla natura della coscienza che esalta il rapporto contraddittorio tra libertà (del soggetto) e condizionatezza (nel mondo).
Il filosofo francese pone la distinzione tra il per-sé e l’in-sé. La prima espressione indica la coscienza (intesa come intenzionalità delsoggetto verso le cose); la seconda, invece, designa il mondo nel quale vive l’uomo. L’in-sé è compattochiuso, privo di rimandi all’esterno, impenetrabile e senza tempo:
«L’essere è opaco a se stesso precisamente perché è ricolmo di se stesso. [...] L’essere in sé non ha affatto un di dentro, che si opponga ad un di fuori [...]. L’essere in sé non ha segreti, è massiccio. [...] Non conosce dunque alterità [...] L’essere è. L’essere è in sé. L’essere è ciò che è».
A questo brutale «in-sé», Sartre contrappone l’essere liberotemporale, pieno di possibilità rappresentato dalla coscienza, ovvero il «per-sé».Con l’analisi di questo «per-sé» cominciano ad affiorare gli aspetti drammatici della filosofia sartriana. La coscienza ha infatti per condizione necessaria e assoluta il nulla, nulla che ci svela l’assurdità del mondo esterno.
Il Nulla proviene da noi stessi: ed è la condizione stessa d’ogni possibilità e libertà del nostro agire nel mondo.
La volontà di 
trascendere le cose, di superare la scissione tra noi e il mondo, ci fa infatti scoprire che siamo drammaticamente condannati alla libertà, cioè siamo spinti a conferire senso alle cose, a non arrenderci all’assurdità del mondo. Ilimite dell’uomo, però, è proprio l’impossibilità di spiegare la sua esistenza e il suo essere nel mondo. Questa consapevolezza rende l’uomo un dio mancato, e la presa d’atto della mancanza di senso dell’esistenza porta l’individuo alla nausea.
Siamo, così, agli antipodi dell’ottimistica “idea” di Hegel in sefuori di se (natura), in se e per sé (Dio). 
L' IMPEGNO POLITICO E IL MARXISMO: I temi dell’Essere e il Nulla ebbero enorme successo ma suscitarono (soprattutto da parte cattolica) profonde critiche. In risposta ad esse ed anche a seguito della propria esperienza di guerra, a partire dagli anni ’50 Sartre cercò anche gli aspetti positivi del suo pensiero. Nell’Esistenzialismo è un umanismo, egli rifiuta ad esempio l’interpretazione negativa o nichilista del suo pensiero e definisce l’esistenzialismo non come una dottrina pessimista e nichilista quanto piuttosto come unafilosofia della libertà, seppur di una libertà «in situazione» (situata) che si può concretizzare nella scelta e nell’impegno politico. Questa tendenza a conferire importanza sempre crescente all’impegno pratico ed all’azione politica culmina con la generica rivalutazione del marxismo.
Sartre cerca infatti di conciliare il pensiero di Marx con gli sviluppi dell’approccio esistenzialista, orientando la sua filosofia all’impegno e alla responsabilità nella denuncia di tutte le forme di alienazione e di oppressione a partire dal senso delle “religioni” che Marx considera “l’oppio dei popoli”.
Da un punto di vista strettamente metodologico, egli respinge il materialismo dialettico di stampo sovietico, ritenuto scolastico e dogmatico, nonché responsabile di avere annullato l’individuo e le sue peculiarità.

L’apporto dell’esistenzialismo porta Sartre all’elaborazione di una teoria critica del soggetto, di cui il marxismo è privo. Per il pensatore francese, infatti, la ragione dialettica deve essere incentrata sulla praxis individuale che si intreccia con la praxis degli altri. La libertà rimane la caratteristica precipua degli uomini, anche se non va più intesa come libertà assoluta ma come libertàstoricamente condizionata.
Nella tarda Critica della Ragione dialettica, vengono delineati da un lato i tratti di una nuova antropologia capace di integrare le esigenze di una visione generale dei fenomeni con quelle singole dell’individuo, dall’altra un’ambiziosa filosofia della storia centrata su un recupero critico della dialettica hegeliana, non più vista come processo dello Spirito o della Storia culminante in un Sapere Assoluto, ma come forma delle concrete attività umane, come «verità in divenire», cioè come instancabile tensione sociale ed individuale verso una società più giusta.




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