mercoledì 16 ottobre 2019

Fichte





Johann Gottlieb Fichte, padre dell' idealismo tedesco, nasce il 19 maggio 1762 a Rammenau in Germania.
La vita del filosofo può essere considerata "uno sforzo per diventare libero".
Il filosofo si forma inizialmente nel collegio di Pforta, studia poi teoria all' Università di Jena e a Lipsia. Fichte fa anche il precettore, dopo la laurea, in diverse famiglie così da guadagnarsi da vivere. Visita città come Zurigo, Varsavia e Danzica.
Nel 1791, a Konigsberg, conosce Kant, di cui ammira la dottrina etica.
Nel 1794 insegna a Jena, dove tiene le sue famose "Lezioni sulla missione del dotto".
Le accuse di irreligiosità che seguono alla pubblicazione delle sue opere più importanti lo allontanano dalla cattedra, è perciò costretto a trasferirsi a Berlino nel 1799, qui frequenta i circoli romantici e consce Schleiermacher.
Nel 1807 Fichte a Berlino tiene conferenze dal titolo "Discorsi alla azione tedesca".
Fichte muore di colera il 29 gennaio 1814 a Berlino.
Le principali opere del filosofo sono:
1792 = Saggio di critica di ogni rivelazione
1794 = Fondamenti dell' intera dottrina della scienza
1798 = Sul fondamento della nostra credenza nel governo divino del mondo
1799 = La missione dell' uomo
         = Lo Stato commerciale chiuso
1907-1808 = Discorsi alla nazione tedesca

Per il filosofo, se il mondo dell' esperienza possibile è quello della rappresentazione (quello che Kant indica come il mondo fenomenico), non è ammissibile nulla al di fuori dello stesso soggetto. Quest' ultimo poiché per Fichter non è più limitato da una realtà noumenica, è per cui assoluto e infinito. Il "Grande Io" è il punto di partenza del sistema fichtiano, il quale deve dimostrare con deduzione tutti gli oggetti: la natura, le cose, il nostro corpo. I "Fondamenti dell' intera dottrina della scienza", opera principale di Fichter, hanno il compito di spiegare come, posto l' Io quale principio iniziale e incondizionato, da esso si possa derivare tutta la realtà, sai dal punto di vista conoscitivo che dal pianto di vista materiale.
L' Idealismo, negando dal cosa in sé, ovvero una realtà esterna e indipendente dall' uomo, e affermando l' infinità del soggetto, è la filosofia che meglio ne esprime dal completa incondizionatezza.  L' Io è visto come originario, come iniziale, cioè come il principio da cui il modo trae la sua forma, il suo significato, la sua stessa realtà.
Per Fichte la conseguenza essenziale della svolta idealista è che proclamando l' assoluta libertà si apre l' opportunità di una piena realizzazione dell' impegno etico. Questa tesi è espressa dallo stesso Fichte nel 1797 nella "Prima introduzione alla dottrina della scienza", il filosofo riconosce l' idealismo  e il dogmatismo come i due sistemi filosofici a cui possono essere connessi tutti gli altri. La scelta tra i due orientamenti, dipende, per il filosofo, dal temperamento delle persone che li abbracciano e da un' opzione di tipo etico. L' individuo fiacco e inerte sarà orientato verso il dogmatismo, che conduce a una visone materialistica e deterministica che limita l' autonomia dell' io. L' individuo attivo, dinamico e intraprendente è invece attirato dall' idealismo, il quale afferma l' infinità dell' Io e la sua assoluta sovranità. L' idealismo per Fichte è quindi un coerente e rigoroso sistema filosofico che permette di superare gli ostacoli e le contraddizioni  della dottrina di Kant, è anche una scelta di vita che ricopre tutti gli ambiti della personalità e che richiede un tale e incondizionato impegno.
L' Io di Fichte è spirito, infinta tensione verso un' ideale meta di perfezione, l' "Io Penso" di Fichte può quindi essere ricondotto all' espressione "L' Io deve essere", infatti è costantemente impegnato in un faticoso processo di autorealizzazione, carattere espresso con il romantico concetto di "Streben"(=sforzo, tensione). L' Io fichtiano non si identifica con l' io empirico, ma è l' Io puro, universale, inesauribile attività creatrice. Lo spirito è "creatore" dato che conferisce senso e realtà al mondo che, diversamente, non potrebbe esistere. La base di ogni realtà è l' Io puro o spirito, un processo creativo infinito che si articola in 3 momenti principali:
1. TESI
2. ANTITESI
3. SINTESI

1. TESI= L' IO PONE SE STESSO
L' IO SI RIVELA COME ATTIVITA' AUTOCREATRICE CHE HA IMMEDIATA E INTUITIVA   CONSAPEVOLEZZA DI SE'

2. ANTITESI= L' IO PONE IL NON-IO
L' IO PURO DEVE PER FORZA OPPORSI A UN NON-IO, OVVERO ALL' OGGETTO, POICHE' SUPREMA ATTIVITA', HA BISOGNO DI QUALCOSA DI ALTRO DA SE' PER REALIZZARSI

3. SINTESI= L' IO OPPONE, NELL' IO, ALL' IO DIVISIBILE, UN NON-IO DIVISIBILE
PONENDO IL NON-IO COME ANTITESI INDISPENSABILE ALLA SUA ATTIVITA', L' IO SI SUDDIVIDE IN TANTI IO EMPIRICI E FINITI CONTRAPPOSTO ALLE SINGOLE COSE

La deduzione della realtà dall' Io puro ricopre un ruolo fondamentale in Fichte. Con tale argomentazione il filosofo vuole dimostrare come la natura e il mondo (il non Io) debbano essere inclusi quali momenti indispensabili della vista stesso dello spirito. Essi esistono PER l' Io e NELL' Io; L' Io resta quindi un soggetto unico e infinito. La funzione produttiva inconscia dell' immaginazione crea il non-Io e l' Io empirico, il quale si trova inconsapevolmente correlato a una realtà di cui non si conosce l' origine.
Solo tramite le diverse  fasi della conoscenza il soggetto riesce a capire come il mondo sia, in realtà, una produzione dello spirito. I gradi della conoscenza, quali sensazione, intuizione, intelletto, giudizio e ragione, sono livelli del processo di ri-appropriazione della realtà da parte del soggetto, quest' ultimo si riconosce infine fonte di tutto, di ogni cosa.
Come nel processo conoscitivo, mach nella vita morale la contrapposizione tra l' Io e il non-Io è necessaria. Per il filosofo, Fichte, ruolo e dovere dell' uomo è quello di affermare la libertà, superando incessantemente le difficoltà che si frappongono sulla via della piena e perfetta realizzazione.
Fichte si pone sulla medesima linea di Kant, sostiene infatti che l' uomo può essere soggetto etico solo nella misura in cui è autonomo, ovvero libero da condizionamenti esterni, compresi gli istinti e le passioni:
"L' uomo è fine a se stesso; egli deve determinarsi da sé e non lasciarsi mai determinare da qualcosa di esterno; egli deve essere ciò che è, soltanto perché egli vuole e deve essere ciò che è."

Per Fichte il mondo esiste in funzione dell' attività dell' Io e della sua vita morale; esso è, prima ancora che oggetto della conoscenza, presupposto indispensabile dell' azione etica. Ne consegue quindi che la vita morale ha il primato rispetto alla vita teoretica.
L' uomo ha la missione di forgiare se stesso, egli deve mirare a realizzarsi come Io puro! E' quindi orientata a tal fine la cultura, la quale implica l' idea di un' educazione e formazione continue. Se infatti venissero meno tutte le difficoltà all' azione dell' uomo, svanirebbe anche lo "sforzo", lo "Streben", che è presupposto della vita moral e dunque della vita stessa dello spirito. Notiamo come lo stesso Fichte afferma che "non vale esse liberi; cosa divina è diventarlo!": l' io non può raggiungere la perfezione e l' infinito, ma infinito e sublime è il suo impegno continuo di perfezionamento.
Per Fichte l' uomo non è mai solo perché è un essere che vive con gli altri e ha il compito di contribuire alla formazione di tutti gli uomini, aiutandoli a prendere consapevolezza della legge morale che è in ognuno. L' istinto sociale è perciò un istinto fondamentale!
"L' uomo ha la missione di vivere in società; egli deve vivere in società; se vive isolato, non è un uomo intero e completo, anzi contraddice a se stesso."
Gli uomini devono trattare gli altri uomini sempre e solo come fini, e mai come mezzi. E' importante tendere sia al nostro perfezionamento che a quello altrui, tramite l' educazione!
Lo Stato per Fichte è qualcosa di empirico, lo Stato infatti è uno strumento in vista della migliore organizzazione possibile, ma non è un fine: il primo e più importante scopo dello Stato è quello di rendersi superfluo. Per il filosofo, la società perfetta è quella in cui regna la libera collaborazione tra gli uomini!
Nell' ambito del suo progetto di perfezionamento dell' umanità, Fichte assegna un ruolo del tutto nuovo e particolare al dotto. Il dotto è l' intellettuale che ancora maggiormente rispetto agli altri uomini, non può vivere isolato. L' intellettuale deve stimolare le altre persone a perseguire l' ideale di perfezionamento morale, a tal fine deve possedere una conoscenza autentica delle necessità umane, deve perciò essere conscio e consapevole dei doveri situali e morali dell' uomo. Spetta inoltre al dotto indicare i mezzi più idonei così da raggiungere la perfezione spirituale. Storia e filosofia rappresentano i contenuti fondamentali del patrimonio conoscitivo del dotto, un patrimonio che lo stesso filosofo, lo stesso Fichte, denomina "dottrina del dotto" e che deve essere impiegato in vista dell' utilità sociale.

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