domenica 31 maggio 2020

UMANISMO: HEIDEGGER E SARTRE


Nato dal clima di profonda crisi sociale e politica che contraddistingue l’ Europa tra le due guerre mondiali, l’Esistenzialismo costituisce un movimento culturale che abbraccia teatro, poesia e musica. Inoltre il movimento pone le basi all’ orientamento filosofico che si sviluppa soprattutto in Francia e in Germania e che, in modi differenti, trova i suoi maggiori rappresentanti in Martin Heidegger, Karl Theodor Jaspers e Jean Paul Sartre.  
L’esistenzialismo si sviluppa sulla scia della grande letteratura della crisi e di un nuovo interesse per Kierkegaard, considerato colui che aveva saputo rivendicare per primo il bisogno di restituire senso alla singolarità dell’individuo concreto. 
I caratteri fondamentali dell’esistenzialismo sono:  l’attenzione rivolta all’uomo dal punto di vista della sua effettiva esistenza;
 il ripudio delle limitazioni a cui tutte le filosofie razionali e sistematiche sottopongono l’irripetibilità e l’unicità della persona. 
 Su queste basi l’esistenza umana viene segnata dal dubbio, dalla scelta, dall’angoscia, dal nulla, dal concetto di finitezza e morte dell’uomo.La ricerca del significato della vita e dell’essere si apre allo scacco e al fallimento: il mondo nel suo complesso, dagli esistenzialisti, è interpretato solo alla luce dell’assurdo e del non-senso.  
L’esistenzialismo, che ha avuto un ruolo preminente all’interno del panorama filosofico europeo fino agli anni ’50, prende il nome di Existenzphilosophie(=filosofia dell’esistenza) nei suoi due fondatori tedeschi: Karl Jaspers e Martin Heidegger.
Il panorama esistenzialistico si presenta ricco di posizioni originali e tra loro a volte molto diverse. 
 Vanno inclusi nella «mappa» esistenzialistica anche il francese Jean Paul Sartre (1905-1980) e l’italiano Nicola Abbagnano (1901- 1990), anche se il loro pensiero presenta caratteri attribuibili anche a correnti filosofiche come il marxismo nel caso di Sartre, e il pragmatismo sociologico nel caso di Abbagnano.  Leopere centrali del pensiero esistenzialista sono “Essere e tempo” (1927) di Martin Heidegger, il “Diario metafisico” (1927) di Gabriel Marcel, la “Filosofia” (1932) di Karl Jaspers, “Spirito e libertà” (1933) di Nicolaj Berdjaev e l’”Essere e il nulla” di J.P. Sartre. 
Il libro principale di Heidegger è Essere e tempo, un’opera tra le più significative del Novecento. In essa egli tenta di mettere al centro della filosofia, dopo lunga dimenticanza, «il problema dell’essere», cioè la questione, qualecompito primario della filosofia. Hiedegegr sostiene che l’ontologia deve essere intesa in senso soggettivo, come riflessione interiore sul senso dell’essere.
L’unico ente in grado di porsi il problema dell’essere è l’uomo, da Heidegger chiamato Da-sein, letteralmente Esser-ci. È l’uomo dunque l’unico essere capace di indagare, ed è l’ unico che può risalire al perduto senso dell’essere. 
 Solo partendo dalla propria esistenza, dunque, l’uomopuò indagare l’“essere”. L’  esistenza appare ad Heidegger caratterizzata da alcune dimensioni fondamentali:il poter-essere, che è rappresentato dall’insieme delle possibilitàdella nostra esistenza, cioè l’“aver da essere” (Zu-sein); l’essere-nel-mondo, cioè il vivere concreto dell’individuo tra cose e persone; l’apertura, la “cura”. 
Le modalità principali che Heidegger chiama «esistenziali» e che garantiscono un’ esistenza autentica, attraverso cui sperimentiamo il nostro essere-nel-mondo sono: la situazione emotiva e la comprensione. Essere-nel-mondo significa essere sempre coinvolti in una situazione emotiva: l’uomo non è uno spettatore disinteressato dei fenomeni e dei suoi significati. Attraverso la “comprensione”, l’essere umano indaga sulla propria essenza e sulle strutture fondamentali dell’esistenza. 
Il fatto che ci sperimentiamo naturalmente come soggetti avvolti nelle nostre scelte e decisioni, ovvero il nostro “poter-essere”, spinge Heidegger alla definizione del Da-seincome soggetto “caduto” in esso fuori dalle dimensioni spazio-temporali.
La situazione emotivarivela la nostra finitezza: la conoscenza e l’esistenza umana sono sempre relative, immerse nei pregiudizi, in opzionie  possibilità che  preesistonoe che ci sovrastano e che costituiscono un’ esistenza non autentica. Dopo aver riflettuto sui due esistenziali principali, si può  indagare sul senso dell’essere dell’esser-ci. Questo fenomeno è definito con il termine latino “Cura”.Per Heidegger il significato dellaCura è la temporalità, in un senso più originale. Infatti la Cura mostra una dimensione per cui passato, presente e futuro sono legati al senso complessivo del Dasein: il tempo è sempre in relazione con il progetto della propria esistenza.
Secondo Heidegger è possibile vivere autenticamente solo se si pensano a fondo le situazioni e le due esperienze più decisive della vita umana, quali: l’angoscia e la morte. La prima, a differenza della paura, non si riferisce a singoli fenomeni, ma alla totalità dell’esistenza. La morte, radicalizzando l’esperienza dell’angoscia, mostra che l’ esistenza è minacciata da una totale precarietà.
Heidegegr pensa anche però che la morte sia anche in un certo senso un’esperienza privilegiata: ogni uomo è in realtà un essere-per-la-morte, un soggetto cui soltanto il potenziale venir meno delle possibilità può svelare il lato «autentico» dell’esistenza.

Accettare la morte non significa attenderla passivamente, ma assumere la sua idea come “inevitabile”, come limite “invalicabile” dell’esistenza. 
La cosiddetta “svolta”, o Kehre del pensiero heideggeriano, è collocabile negli anni Trenta del ’900: Heidegger sostiene che la metafisica occidentale è stata segnata da un “oblio dell’essere”, oblio causato dall’aver dimenticato la differenza ontologica, ossia la distanza costitutiva tra “essere” ed “ente”. Heidegger comprende perciò che per poter oltrepassare la metafisica, è necessario un radicale attraversamento dei momenti fondativi della sua tradizione. In tali momenti, Heidegger si identifica con quello dei filosofi Presocratici, i quali secondo lui avevano una visione apoditticadi accettazione dell’essere poiché la natura greca non poteva essere oggetto di calcolo, investigazionee manipolazione. Secondo Heidegger, il dovere attuale della filosofia è quello di risalire e attraversare la tradizione ricorrendo ad un pensiero rammemorante capace di svelare tracce dell’iniziale mostrarsi della verità. Questa forma di “risalimento” è possibile ascoltando e interrogando la poesia e l’opera d’arte: l’ arte  infatti, secondo Heidegger, è la dimensione essenziale in cui la verità  si mette all’ opera nella sua valenza originaria. Per Heidegger, dunque, l’interrogazione sull’essenza del linguaggio costituisce un modo privilegiato di avvicinarsi alla natura e alla verità. 
Contrapposto ad Heidegger, vi è Jean-Paul Sartre, il quale persegue l’ideale pacifista nel dopoguerra; il pensatore influenza avversi campi del sapere, vari movimenti rivoluzionari e teorie che si rifacevano al marxismo. 
I primi progetti di Sartre sono segnati dalla scoperta della filosofia hegeliana e della fenomenologia husserliana, seguiti da approfonditi studi di psicologia. Leggendo Hegel in chiave esistenziale e seguendo Husserl, Sartre critica la psicologia contemporanea francese, poiché troppo legata ad una visione naturalistica che nega l’emozione. 
L’ “Essere e il nulla”, opera che risale al 1943, segna la sistemazione delle riflessioni sartriane sulla natura della coscienza che esalta il rapporto contraddittorio tra libertàdel soggetto e condizionatezza  nel mondo. Il filosofo francese pone la distinzione tra il per-sé e l’ in-sé. La prima espressione indica la coscienza , intesa come intenzionalitàdel soggetto verso le cose; la secondadesigna il mondo nel quale vive l’uomo. L’ “in-sé” è compatto, chiuso, privo di rimandi all’esterno, impenetrabile e senza tempo; al contrario il “per-sé” è libero, temporale, colmo di opportunità. Con l’analisi del “per-sé” iniziano a sorgere  gli aspetti drammatici della filosofia sartriana: la coscienza ha infatti per condizione necessaria e assoluta il nulla, nulla che rivela l’assurdità del mondo esterno. Il Nulla proviene da noi stessi. La volontà di trascendere le cose, di superare la scissione tra noi e il mondo, ci fa infatti scoprire che siamo drammaticamente condannati alla libertà, cioè siamo spinti a conferire senso alle cose, a non arrenderci all’assurdità del mondo. 
Il limite dell’uomo, però, è proprio l’impossibilità di spiegare la sua esistenza e il suo essere nel mondo. Questa consapevolezza rende l’uomo un dio mancato, e la presa d’atto della mancanza di senso dell’esistenza porta l’individuo alla nausea.
I temi dell’Essere e il Nulla ottengono successo, ma suscitano critiche. In risposta a quest’ ultime e a seguito della propria esperienza di guerra, successivamente Sartre cerca gli aspetti positivi del suo pensiero. Ne “L’ Esistenzialismo è un umanismo”, Sartre rifiuta l’interpretazione negativa o nichilista del suo pensiero, definendo l’esistenzialismo non come una dottrina pessimista e nichilista , ma piuttosto come una filosofia della libertà, una libertà situata, la quale si può concretizzare nella sceltae nell’impegno politico. Questa tendenza a conferire importanza sempre crescente all’impegno pratico ed all’azione politica culmina con la generica rivalutazione del marxismo. Sartre cerca infatti di conciliare il pensiero di Marx con gli sviluppi dell’approccio esistenzialista, orientando il proprio pensiero all’impegno e alla responsabilità nella denuncia delle forme di alienazione e oppressione. 
Sartre inoltre respinge il materialismo dialettico di stampo sovietico, ritenuto scolastico e dogmatico e responsabile di aver annullato l’individuo e le sue peculiarità. 
L’apporto dell’esistenzialismo porta Sartre all’elaborazione di una teoria critica del soggetto. Per il pensatore francese, la ragione dialettica deve essere incentrata sulla praxis individuale che si intreccia con la praxis degli altri: la libertà resta la caratteristica principale degli uomini, non è più però considerata quale libertà assoluta, ma è ora vista come libertà storicamente condizionata. 

venerdì 29 maggio 2020

La filosofia di Sartre

TRA PSICOLOGIA E FENOMENOLOGIA: I primi progetti di Sartre sono segnati dalla scoperta della filosofia hegeliana e della fenomenologia husserliana, seguiti da approfonditi studi di psicologia. Leggendo Hegel in chiave esistenziale e seguendo Husserl, Sartre critica la psicologia contemporanea francese troppo legata ad una visione naturalistica che nega l’emozione che non è mai riducibile ad un «fatto» empiricamente analizzabile.
Considerata da un punto di vista fenomenologico, la sfera emotiva va pensata come espressione stessa della coscienza, come sua «forma organizzata» perché l’esistenza precede l’essenza.
Anche gli studi sull’
immaginario procedono in questa direzione perché emozione immaginazione, da un punto di vista fenomenologico, costituiscono dei modi privilegiati di accedere alla realtà della coscienza.
Sia l’emozione che l’immaginazione costituiscono le dimensioni della coscienza attraverso cui il soggetto coglie da un lato il suo essere «situato», cioè naturalmente collocato tra le cose; dall’altro che da queste cose in cui è immerso è possibile sempre distaccarsi, perché gli uomini sono liberi di creare una realtà «altra» rispetto al mondo esterno: con l’immaginazione, infatti, possiamo sia «trascendere» il reale, che negare l’essere stesso.  
LA CRITICA AD HUSSERL E IL VALORE DELLA COSCIENZA: Husserl a Sartre rimprovera di aver frainteso l’autentica costituzione della coscienzainterpretandola in modo idealistico, cioè come espressione psichica di un «io» separato dal mondo.
La 
coscienza al contrario non si riduce all’io, ma è «vuota», «trasparente», libera anche se immersa nelle situazioni vissute.Sartre sostiene che la sua funzione della coscienza consiste nell’essere limitata dalle sole cose che percepisce, di quelle che sente o in cuisi immerge e che proprio in quanto tale va considerata assoluta e indipendente:
«Tutto è fuori, tutto! persino noi stessi: fuori, nel mondo, tra gli altri. Non in un ipotetico rifugio noi scopriremo noi stessi: ma per la strada, per la città, in mezzo alla folla, cosa tra le cose, uomo tra gli uomini». Sartre cioè capovolge la formula Cartesiana “penso, dunque, sono”, in “esisto, dunque, sono”.
ESISTENZIALISMO DI SARTRE: LEssere e il nulla (1943) segna la sistemazione delle riflessioni sartriane sulla natura della coscienza che esalta il rapporto contraddittorio tra libertà (del soggetto) e condizionatezza (nel mondo).
Il filosofo francese pone la distinzione tra il per-sé e l’in-sé. La prima espressione indica la coscienza (intesa come intenzionalità delsoggetto verso le cose); la seconda, invece, designa il mondo nel quale vive l’uomo. L’in-sé è compattochiuso, privo di rimandi all’esterno, impenetrabile e senza tempo:
«L’essere è opaco a se stesso precisamente perché è ricolmo di se stesso. [...] L’essere in sé non ha affatto un di dentro, che si opponga ad un di fuori [...]. L’essere in sé non ha segreti, è massiccio. [...] Non conosce dunque alterità [...] L’essere è. L’essere è in sé. L’essere è ciò che è».
A questo brutale «in-sé», Sartre contrappone l’essere liberotemporale, pieno di possibilità rappresentato dalla coscienza, ovvero il «per-sé».Con l’analisi di questo «per-sé» cominciano ad affiorare gli aspetti drammatici della filosofia sartriana. La coscienza ha infatti per condizione necessaria e assoluta il nulla, nulla che ci svela l’assurdità del mondo esterno.
Il Nulla proviene da noi stessi: ed è la condizione stessa d’ogni possibilità e libertà del nostro agire nel mondo.
La volontà di 
trascendere le cose, di superare la scissione tra noi e il mondo, ci fa infatti scoprire che siamo drammaticamente condannati alla libertà, cioè siamo spinti a conferire senso alle cose, a non arrenderci all’assurdità del mondo. Ilimite dell’uomo, però, è proprio l’impossibilità di spiegare la sua esistenza e il suo essere nel mondo. Questa consapevolezza rende l’uomo un dio mancato, e la presa d’atto della mancanza di senso dell’esistenza porta l’individuo alla nausea.
Siamo, così, agli antipodi dell’ottimistica “idea” di Hegel in sefuori di se (natura), in se e per sé (Dio). 
L' IMPEGNO POLITICO E IL MARXISMO: I temi dell’Essere e il Nulla ebbero enorme successo ma suscitarono (soprattutto da parte cattolica) profonde critiche. In risposta ad esse ed anche a seguito della propria esperienza di guerra, a partire dagli anni ’50 Sartre cercò anche gli aspetti positivi del suo pensiero. Nell’Esistenzialismo è un umanismo, egli rifiuta ad esempio l’interpretazione negativa o nichilista del suo pensiero e definisce l’esistenzialismo non come una dottrina pessimista e nichilista quanto piuttosto come unafilosofia della libertà, seppur di una libertà «in situazione» (situata) che si può concretizzare nella scelta e nell’impegno politico. Questa tendenza a conferire importanza sempre crescente all’impegno pratico ed all’azione politica culmina con la generica rivalutazione del marxismo.
Sartre cerca infatti di conciliare il pensiero di Marx con gli sviluppi dell’approccio esistenzialista, orientando la sua filosofia all’impegno e alla responsabilità nella denuncia di tutte le forme di alienazione e di oppressione a partire dal senso delle “religioni” che Marx considera “l’oppio dei popoli”.
Da un punto di vista strettamente metodologico, egli respinge il materialismo dialettico di stampo sovietico, ritenuto scolastico e dogmatico, nonché responsabile di avere annullato l’individuo e le sue peculiarità.

L’apporto dell’esistenzialismo porta Sartre all’elaborazione di una teoria critica del soggetto, di cui il marxismo è privo. Per il pensatore francese, infatti, la ragione dialettica deve essere incentrata sulla praxis individuale che si intreccia con la praxis degli altri. La libertà rimane la caratteristica precipua degli uomini, anche se non va più intesa come libertà assoluta ma come libertàstoricamente condizionata.
Nella tarda Critica della Ragione dialettica, vengono delineati da un lato i tratti di una nuova antropologia capace di integrare le esigenze di una visione generale dei fenomeni con quelle singole dell’individuo, dall’altra un’ambiziosa filosofia della storia centrata su un recupero critico della dialettica hegeliana, non più vista come processo dello Spirito o della Storia culminante in un Sapere Assoluto, ma come forma delle concrete attività umane, come «verità in divenire», cioè come instancabile tensione sociale ed individuale verso una società più giusta.




La vita di Sartre





Jean Paul Sartre è nato nel 1905 a Parigi e muore nel 1980. E' stato  filosofo, scrittore e attivista politico francese, ha insegnato filosofia a Le Havre. Prigioniero nazista in tempo di guerra, ha perseguito l’ideale pacifista nel dopoguerra.
Sartre è considerato tra i massimi rappresentanti dell’esistenzialismo francese. Nel 1964 ha rifiutato il premio Nobel. 
Le opere principali di Sartre sono: 
-La nausea (1938, romanzo); 
-Il muro (1939, racconti); 
-Le Mosche (1943, dramma); 
-L’essere e il nulla (1943, il suo capolavoro filosofico);
-Che cos’è la letteratura (1947, raccolta di saggi); 
-Le mani sporche (1948, dramma); 
-Il diavolo e il buon Dio (1951, dramma); 
-Critica della ragione dialettica (1960, saggio filosofico).

L’opera di Sartre travalica la sola riflessione filosofica in quanto il suo pensiero ha influenzato avversi campi del sapere nonché diversi movimenti rivoluzionari e teorie che si rifacevano al marxismo.

La filosofia di Heidegger



DASEIN: SI TRATTA DI UN' ESPRESSIONE TEDESCA, TRADOTTA IN ITALIANO CON "ESSERCI", CHE IN HEIDEGGER INDICA LA PARTICOLARE CONDIZIONE IN CUI SI TROVA L' UOMO, IN QUANTO "ENTE CHE E' QUI", CIOE' ENTE "GETTATO" DA SEMPRE IN UNA SITUAZIONE SPAZIO-TEMPORALE DETERMINATA. LA CARATTERISTICA FONDAMENTALE DEL DASEIN E' L' ESISTENZA. 

Nella prima fase del suo pensiero, espressa ad esempio in Essere e tempo, egli privilegia l'Esserci, cioè l'Uomo, come luogo in cui soltanto affiora il senso dell'essere, e dunque come centro della realtà.
Nella seconda fase del suo pensiero, successiva alla Kehre (attorno al 1930), Heidegger rifiutò la definizione di esistenzialista (in particolare nella Lettera sull'umanesimo del 1947): il baricentro di tutto non è più l'uomo, ma l'essere.
Con Husserl, Heidegger rinuncia a una interpretazione globale della realtà, cioè alla metafisica (intesa almeno in senso classico): la ragione non può interpretare esaurientemente il senso dell'essere; in altre parole l'uomo non può, ragionando, arrivare a dire: “ecco, adesso ho capito perché c'è la realtà che vedo e perchè io vivo”. Come per Husserl tutto quello che la filosofia può fare è, piuttosto che intrepretare, descrivere, e ciò che è descritto è il fenomeno. La filosofia è fenomenologia, inventario descrittivo dei fenomeni. Ma a differenza di Husserl, che era più fiducioso nella possibilità di cogliere delle strutture universali del fenomeno (mediante l'intuizione eidetica), Heidegger rinuncia a una analisi fenomenologica del mondo, del fenomeno in sé, ritenendo unico ambito legittimo di indagine il fenomeno per me, soggetto esistente individuale.
È vero che Heidegger parla di cogliere il senso dell'essere, che è il fenomeno per eccellenza, ma in realtà per “cogliere il senso” egli dimostra di intendere solo una descrizione dei fenomeni in cui l'essere si manifesta a me, al singolo, all'Esser-ci.
Sein und Zeit (Essere e tempo) è il titolo dell'opera principale di Heidegger (del suo “primo periodo”, ma anche, secondo molti, dell'intera sua produzione). Per lui la metafisica occidentale avrebbe, lungo tutto il corso della sua lunga storia, da Platone in poi, ridotto quello che dovrebbe, a sua stessa detta, essere il suo oggetto, cioè l'essere, a una sola delle sue dimensioni, l'ente in quanto presente e disinteressatamente contemplabile, presumendo di poterlo oggettivare e possedere.
L'essere infatti, se si dà solo negli enti, è però ben più che gli enti: gli enti sono qualcosa di rassicurante nella loro presunta stabilità, ma l'essere va oltre l'ente, è inafferrabile, anche e soprattutto per la sua estensione a tutte le dimensioni del tempo, non solo il presente, ma anche il passato e sopratutto il futuro.
La metafisica conosciuta finora è stata invece una metafisica della presenza, che ha arbitrariamente tagliato via le dimensioni non possedibili dell'essere per limitarsi all'ente come presenza, oggettivabile concettualmente.Nella prima fase del suo pensiero Heidegger attribuisce all'uomo un ruolo decisivo nel coglimento del senso dell'essere. L'essere si dà solo negli enti, e in particolare in quell'ente privilegiato che è l'Esserci, il Da-Sein, ossia l'uomo come esistente individuale. L'uomo, l'Esserci, non è una cosa tra le cose, che possa contemplare disinteressatamente il mondo mettendo tra parentesi la propria soggettività. Questa è invece orizzonte intrascendibile. Non possiamo cogliere il senso dell'essere in sè, ma solo il senso dell'essere per me.
Il senso dell'essere sarà dunque colto nell'esistenza: quello che occorre perciò è una analitica dell'esistenza, una analitica esistenziale, che come analitica renda esplicito ciò che è già implicato nella nostra esperienza e nei nostri giudizi, e in quanto esistenziale colga l'uomo non come un quid da definire, oggettivandolo (come specie animale o fenomeno psicologico), ma come un quis, come soggettività esistente.
L'analitica esistenziale inventaria gli esistenziali, cioè le caratteristiche essenziali dell'esistenza, e che Heidegger distingue, in quanto modi di essere dell'uomo, del Dasein, implicanti uno Zu-sein, un aver-da-essere e quindi la libertà, dalle categorie, che sono modi di essere delle cose in sé stesse.

I principali esistenziali sono: 
- IN DER WELT SEIN => significa che l'Esserci è nel mondo vitale con immediata apertura; non si dà un diaframma tra io e mondo, come aveva pensato il dualismo gnoseologico moderno (da Cartesio in poi); in questo superamento del dualismo gioca il recupero brentaniano-husserliano del concetto aristotelico-scolastico di intenzionalità, tuttavia a differenza che in Aristotele e nel pensiero medioevale l'apertura intenzionale al mondo non è anzitutto teoretica, ma pratica: col mondo abbiamo ha a che fare immediatamente, ma per affrontarlo
- ZUHANDENHEIT => il primo atteggiamento dell'Esserci è pratico-affettivo, non è uno stupore distinteressato, ma un preoccuparsi, un prendersi cura (Besorgen): il mondo ci è immediatamente dato come qualcosa che sollecita la nostra cura, non la nostra curiosità; le cose, prima che belle o vere, ci si danno come utilizzabili (è il loro essere-alla-mano, Zuhandenheit)
- VERSTEHEN => la comprensione viene dopo, è il secondo atteggiamento verso il mondo, e non consiste tanto in una conoscenza contemplativa, ma nel proiettare delle possibilità
- MIT SEIN => essere-con-gli-altri, che sono dati immediatamente, seppur non come soggetti, come altri io, come persone determinate, ma come costituenti il medesimo mondo, come altri-in-generale
- SEIN ZUM TODE => dato che l'esistenza è temporalità, nella quale siamo inesorabilmente gettati e che ha come dimensione decisiva il futuro, la morte, che del futuro è l'inevitabile approdo non è un particolare insignificante o trascurabile, ma un tratto definitorio della stessa vita

L'essere gettato verso un futuro inesorabile e non-possibile, dove ogni determinatezza dell'ente si infrange, in ultima analisi essere gettato verso la morte, non è automaticamente e facilmente accettabile: la libertà dell'Esserci si esercita come accettazione o rifiuto della propria verità: si ha così una esistenza inautentica e una esistenza autentica. 
Tra la fine degli anni Venti e l'inizio degli anni Trenta Heidegger matura la Kehre, la svolta, come lui stesso la definì (la Kehre è una svolta in una strada di montagna, un tornante, che da un lato prosegue la strada precedente, ma in una direzione quasi opposta). Il contenuto di tale svolta è un abbandono di una prospettiva che metteva l'Esserci al centro, per collocarvi invece lo stesso Essere, di cui Heidegger sottolinea da un lato (con maggior vigore di quanto già in precedenza sostenuto) l'inafferrabilità, l'inesauribilità, dall'altro la possibile iniziativa di rivelarsi lui stesso all'uomo.
Centrale in questo senso è il concetto di Lichtung, che è un neologismo con cui Heidegger chiama la luminosità improvvisa in cui un viandante che cammini in mezzo a un bosco di fitti alberi può trovarsi, allorché sbuchi in una radura, dove può ammirare, sia pura per un breve tratto del cammino, un panorama ben più vasto e bello di quello che vedeva all'ombra degli alti e spessi alberi.Nella Lichtung è l'Essere stesso che si rivela, non noi che cerchiamo di ingabbiarlo nei nostri schemi. In questa fase Heidegger insiste sul concetto di verità come a-létheia, come non-nascondimento, dunque come autosvelamento che l'Essere fà, come e quando vuole.  
All'essere che si rivela nella Lichtung occorre una risposta di abbandono (Gelassenheit).
Il linguaggio che meglio può cogliere l'essere non è quello concettuale-filosofico (che ridurrebbe l'essere ad ente) ma quello artistico, e specialmente quello poetico. Grande è stato il suo interesse in particolare a Hölderlin.

Positiva in Heidegger è la volontà di obbedienza al dato, al reale, all'essere; negativo il credere che l'essere sia totalmente non-concettualizzabile: egli reagisce, giustamente a una lunga tradizione metafisica almeno in parte intaccata da un astratto essenzialismo, ma sospinge l'essere troppo oltre la ragione concettuale. Questa non possiede l'essere, è vero, ma lo attinge, sia pur imperfettamente.

La vita di Heidegger




Martin Heidegger è nato nel 1899 in Germania. Studia teologia e nel 1915 ottiene la libera docenza; è allievo di Husserl, il quale lo sceglie come suo assistente.
Nel 1933 Heidegger aderisce al Partito Nazionalsocialista, viene nominato rettore dell' Università di Friburgo, pronuncia un discorso di impronta nazionalista il quale suscita polemica da parte degli intellettuali. Nel 1936 il filosofo va a Roma, dove tiene due conferenze.
Heidegger muore nel 1976.

Tra i suoi punti di riferimento possiamo ricordare:
  • Husserl, di cui fu apprezzato discepolo (“la fenomenologia siamo io e Heidegger”),
  • Kierkegaard, con il suo senso del limite, della finitezza umana, e, per motivi simili
  • Dostojevskij;
  • Dilthey, con la sua sottolineatura della centralità della storia, e dunque in qualche modo del tempo;
  • Nietzsche, che influisce su di lui da un lato per il suo antirazionalismo, ma dall'altro (specie nella seconda fase della riflessione heideggeriana) come uno degli esiti più eclatanti dell'oblio dell'essere, coltivato dalla metafisica occidentale.

Le opere principali di Martin Heidegger sono:
- Essere e tempo
- Che cos' è la metafisica? (conferenza)
- Kant e il problema della metafisica
- Lettera sull' umanismo
- Sentieri interrotti
- Introduzione alla metafisica
- Che cosa significa pensare?
- Saggi e discorsi
- Che cos'è la filosofia?
- Identità e differenza
- In cammino verso il linguaggio
- Nietzsche (in due volumi)
- Segnavia (raccolta)

lunedì 4 maggio 2020

La filosofia di Husserl






In Husserl si trova la critica, poiché egli denuncia la crisi di valori del mondo occidentale, relazionandola con la perdita di senso della scienza, al tempo ormai incapace di proporre risposte e soluzioni ai quesiti basilari dell' esistenza.
Husserl dedica interamente la sua vita allo studio, egli infatti confessa di non aspirare agli onori a o alla fama, al contrario perseguita nella propria indagine l' ideale della chiarezza:
                               "non posso vivere senza chiarezza."

Sin dall' infanzia questo filosofo matura forte interesse e curiosità per gli studi scientifici, in particolare per la matematica. Si orienta poi verso gli studi filosofici attratto dalla personalità del filosofo tedesco, psicologo, docente e suo maestro: Fran Brentano. La ricerca di questo ultimo in merito all' origine dei processi logici influenzerà parecchio il pensiero di Husserl,  il quale intende individuare la base per così dire "soggettiva" del sapere. 
Husserl intraprende successivamente la carriera accademica, durante questo periodo conosce Heidegger. Nel dibattito di quegli anni si sviluppa il movimento fenomenologico, di cui Husserl è il maggior esponente e fondatore.
Con l' avvento di Hitler e del nazismo, Husserl si trova costretto a lasciare l'incarico quale docente poiché ebreo.
Nell' ultima opera di Husserl, "La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale", è possibile comprendere il senso del pensiero del filosofo : secondo lui, la civiltà europea -devastata dal drammatico affermarsi del processo di disumanizzazione portato alle estreme conseguenza da Hitler proprio con l'impiego bellico della scienza e della tecnica- potrà risollevarsi solo ed esclusivamente se sarà in grado di recuperare il fondamento "umano" dei propri valori. Il filosofo non mette in discussione il valore delle conoscenze specifiche ottenute dalle singole discipline, ma il senso e la validità che la ricerca scientifica ha ed è capace di rivestire per l' esistenza umana. La scienza infatti trascura proprio gli aspetti più umani, operando una riduzione della realtà ai soli parametri fisico-matematici: è divenuta scienza dei "fatti", a prescindere dal riferimento al soggetto ed esclude le
problematiche del senso dell' esistenza , finendo con l' estraniarsi dagli uomini.
     
"Nella miseria della nostra vita -si sente dire- questa scienza non ha niente da dirci. Essa esclude di principio proprio quei problemi che sono i più scottanti per l' uomo, il quale, nei nostri tempi tormentati, si sente in balìa del destino; i problemi del senso o del non-senso della' esistenza umana nel suo complesso." 

La conoscenza scientifica è mossa dall' atteggiamento naturalistico che tratta il mondo solamente come "cosa". Questo vale paradossalmente anche per le scienze dello spirito: psicologia, antropologia e storia. Queste riducono l' uomo a oggetto di indagine, il quale deve essere studiato in modo neutro e dall' esterno. Husserl sostiene  che all' origine del processo vi siano l' opera e il pensiero del grande Galileo Galilei, che ha dato un' interpretazione generale della natura in chiave matematica, considerando secondarie le qualità soggettive poiché non riducibili a numeri e proporzioni quantitative. 
L' aver privilegiato le discipline fisico-matematiche e l' aver escluso gli aspetti della realtà che non rientrano in strutture formali rigide e severe, ha comportato la decisione tra "fisico" e "psichico" causando la sovrapposizione di un mondo di idealità astratte alla realtà concreta dell' esperienza vissuta.
L' uomo di oggi si trova in un vicolo cieco, in una condizione particolare, vive in un mondo che non offre soluzioni alle sue necessità e ai suoi problemi.  Husserl, a questo proposito, è convinto che la crisi sia talmente profonda da riguardare lo stesso significato dell' esistenza: non resta perciò che ricorrere a un' idea di filosofia come scienza rigorosa e universale, capace di rinvenire una fondazione ultima del sapere, un livello iniziale cui è radicata la stesa cultura scientifica. 
Il filosofo ceco elabora poi il metodo fenomenologico, mediante il quale si propone di ricreare
l' ambito della conoscenza e mostrarne l' origine.
Per Husserl la risposta alla domanda "E' possibile rinvenire il significato umano del mondo?"  è affermativa! Il metodo fenomenologico da lui elaborato ha come scopo proprio quello di andare a riscoprire il senso umano delle cose e delle costruzioni concettuali; questo consiste nella messa tra parentesi (o EPOCHE') delle certezze della scienze e dell' atteggiamento naturale dell' uomo, il quale considera il mondo come una realtà già data e formata. Quello che diversifica il progetto di Husserl da Kant, Cartesio e l' idealismo, è la concezione che lui ha della coscienza e dello stesso fenomeno. Husserl quando tratta la coscienza, la intende come principio operativo, cioè atti che si rivolgono all' oggetto, che in relazione ad essi, si rivela mostrando pian piano i suoi livelli di significato. Husserl denomina questa caratteristica della coscienza, "intenzionalità" e intende indicare con questo termine il fatto che la coscienza è sempre "coscienza di qualche cosa", ovvero attività volta verso un oggetto, la modalità di rapportarsi al mondo esterno, una corrente di esperienze vissute in cui si ha una correlazione tra la polarità soggettiva (=NOE'SI) e la polarità oggettiva (=NOE'MA).  La fenomenologia è scienza descrittiva dei vissuti intenzionali, dei quali si propone di mostrare le strutture essenziali. Husserl parla di fenomenologia come di "scienze eidetica". Husserl allude alla capacità della fenomenologia di cogliere fatti, eventi particolari e accidentali,  le essenze delle cose. Il metodo fenomenologico comporta perciò una "riduzione eidetica" del mondo, ossia la messa tra parentesi dei suoi significati abituali, sulla cui base è possibile esercitare l' "intuizione eidetica". 
L' intuizione eidetica è la diretta intuizione degli aspetti essenziali della realtà.
Nell' ultimo Husserl, il filosofo sente il bisogno di difendersi dalle accuse mosse alla propria concezione della soggettività. A questo proposito il filosofo ceco elabora il concetto di "mondo della vita", l' esperienza che precede la formulazione delle categorie e delle nozioni. Il filosofo ammette che l' idea di un io puro e disinteressato è un' astrazione, da cui poter partire per riconoscere le caratteristiche essenziali del soggetto come individuo concreto già da sempre inserito in un contesto intersoggettivo.
Infatti, nel momento in cui l'io ritrova se stesso quale soggettività costituente, questo ritrova anche gli altri io. L' oggettività del mondo è assicurata dalla sua fondazione intersoggettiva. I soggetti costituiscono la comunità umana, cui è affidato il compito di rinnovare dal profondo le scienze e la stessa idea di cultura dell' Occidente.















venerdì 1 maggio 2020

La vita di Husserl





Edmund Husserl è nato nel 1859 in Moravia, a Prossnitz. La sua famiglia d' origine è ebrea.
Successivamente si trasferisce in Austria, a Vienna, dove assiste alle lezioni di Fran Brentano, psicologo e filosofo. Nel 1886 inizia la carriera di Husserl quale insegnante, prima a Halle, poi a Gottinga e a Friburgo, dove muore nel 1938 a causa del nazismo.

Le opere essenziali di Husserl sono i 2 volumi delle "Ricerche logiche", cui egli presenta le idee basilari della fenomenologia; "Idee per una fenomenologia pura e una filosofia fenomenologica"; "Meditazioni cartesiane"; "La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale" postuma.