S.A. Kierkegaard: autore che
ha sottoposto a indagine la condizione umana, mettendone in luce il carattere problematico. Per lui l' esistenza è possibilità, e come tale comporta una difficile scelta tra alternative inconciliabili.
Nemico dell' idealismo è il danese Kierkegaard, il quale concentra la propria riflessione sul problema dell' uomo e dell' esistenza e questo spiega il fatto che lui è considerato il
precursore
dell' Esistenzialismo.
L' Esistenzialismo è un complesso e particolare fenomeno culturale che si sviluppa in Europa successivamente alla Seconda Guerra Mondiale.
Il filosofo nasce nel 1813 a Copenhagen e si forma nel clima di una
cupa religiosità dove era forte il senso del peccato. Søren cresce attanagliato dall'
incubo del peccato, incubo che lo porta a nutrire una concezione negativa del rapporto umani e di conseguenza lo porta a maturare una concezione negativa dell' essere dell' uomo.
Nel 1841 il danese si fidanza, ma qualche mese poi improvvisamente tronca il fidanzamento, ormai convinto di non poter realizzare una vita "normale" e di
essere un' "eccezione". Lo stesso Kierkegaard ammette di aver compreso e di aver imparato, grazie a questo non semplice passaggio della sua esistenza, una cosa essenziale:
Dio ha la precedenza su tutto!
Per venire a capo della propria condizione spirituale, il giovane filosofo decide di dedicarsi alla letteratura e alla filosofia. Inizialmente Kierkegaard critica l' ironia dei romantici apprezzando, al contrario, l' ironia socratica, intesa da lui stesso come un mezzo per
condurre gli uomini alla consapevolezza della drammatica serietà della vita.
L' ironia socratica si basa sul "sapere di non sapere", ciò consiste nel
giudicare la propria conoscenza sempre come perfettibile e limitata.
Kierkegaard trova in Socrate un modello, il suo maestro! In Socrate Kierkegaard vede sintetizzate le tematiche che più apprezza: il bisogno della scelta, l' indagine filosofica come impegno personale che arriva a mettere a repentaglio la vita stessa di chi l' abbraccia.
Kierkegaard nutre una sorta di insofferenza per le costruzioni teoriche e le chiacchiere filosofiche. Per lui è importante
capire ciò che ognuno di deve fare, cercare la propria verità, la verità per la quale vivere e per la quale morire.
Ciò che interessa Kierkegaard è quindi riflettere sulla propria esistenza, evidenziandone la problematicità,
accentandone l' irrazionalità e le contraddizioni.
Bisogna poi dire che Kierkegaard afferma che quello che conta è il
"mio", io, unico, singolo e irripetibile a cui è affidata la responsabilità della scelta.
Il
tema della "scelta" è il cardine al quale si sviluppa l' intero pensiero di Kierkegaard. Il cristianesimo del pensatore non è però da confondere con quello della Chiesa ufficiale.
La Chiesa è accusata dal filosofo di essere compromessa con interessi mondani e di trascurare gli aspetti spirituali e interiori che caratterizzano un' autentica religiosità. Gli uomini di Chiesa sono criticati da Kierkegaard per aver limitato il messaggio di Cristo a mera dottrina, ossia per averne fatto una speculazione teologica, tralasciando la parte essenziale del cristianesimo: imitazione dell' esempio di Cristo; impegno a seguire una
vita all' insegna di abnegazione, ascesi e sacrificio.
A differenza di Cristo, il quale aveva testimoniato la sua verità sacrificando la sua stessa vita, i cristiani considerano il cristianesimo come una scelta semplice e leggera.
Kierkegaard si scaglia contro quello che definisce una forma di "ateismo cristiano", questo ignora il volto più severo e inquietante di Dio per poi sostituirlo con una versione addolcita. Si comprende perciò che l'
intera riflessione di Kierkegaard parte da una visione fortemente rigorosa e intransigente del messaggio cristiano.
La scelta cristiana del pensatore non ammette compromessi e si presenta come una secca e obbligata
alternativa tra il mondo e Dio.
Kierkegaard pone l' uomo di fronte alla drammaticità dell' esistere, che risiede nell' inevitabilità della decisione tra termini contraddittori e inconciliabili. Si tratta di una scelta giocata sul piano dell' esistenza, infatti ciò che dà valore all' uomo è la capacità di assumersi la responsabilità della propria vita.
Kierkegaard individua 3 STADI o FASI che simboleggiano le possibilità esistenziali dell' uomo nel mondo:
1) STADIO ESTETICO
2) STADIO ETICO
3) STADIO RELIGIOSO
Quest' ultimi sono delle alternative inconciliabili. A questo proposito, Kierkegaard prima pubblica l' opera "Aut-Aut" e dopo pochi mesi "Timore e tremore".
1) STADIO ESTETICO => VITA ESTETICA
La vita estetica è propria dell' uomo che vive nell' istante e nella ricerca continua del piacere, scappando da ciò che gli sembra noioso, ripetitivo e monotono. Per spiegare il suo pensiero, Kierkegaard descrive figure concrete di ioni che vivono assaporando totalmente le bellezze le attrattive dell' esistenza, facendo di questa un' opera d' arte. La vita estetica è rappresentata da Johannes e dalla figura del Don Giovanni. Se Don Giovanni incarna la sensualità allo stato puro, colui che gode del piacere fisico, del possesso e della conquista materiale delle donne; Johannes, al contrario, è il seduttore intellettuale che desidera godere "spiritualmente" dei momenti in cui si abbandona all' amore. A questo obiettivo egli si applica a un calcolo raffinato che concentra e distilla il piacere, sfruttando la donna-amante come strumento di un gioco amabile e senza scrupoli.
Kierkegaard è convinto che la vita estetica sia insufficiente. Chi si dedica solo al piacere disperde la propria personalità nelle esperienze che gli si presentano e si trasforma di continuo, passando da un' opportunità all' altra; egli arriva a svuotare il suo essere e a perdere il significato della sua esistenza, cadendo nella noia e nella disperazione. Kierkegaard nota che la vita, come desiderio costante , come affannosa e insaziabile ricerca di qualcosa che non si ha e mai si potrà ottenere davvero, non può che avere un esito negativo.
2) STADIO ETICO => VITA ETICA
La vita estetica, vita consumata all' insegna dell' appagamento e del piacere, porta alla disperazione. infatti per tutti, secondo Kierkegaard, arriva l' ora della verità (=mezzanotte), nella quale ognuno deve gettare la maschera: dopo il tempo trascorso a "giocare" e nascondersi, giunge il momento dove bisogna guardare in faccia la realtà, dove bisogno scegliere! Nella vita estetica l'uomo si lascia vivere, in balia del piacere dell' attimo. Quando però ci si accorge dello smarrimento che ne deriva, è necessario allora prendere posizione, assumersi la responsabilità, compiere il passaggio verso lo stadio etico detto anche "stadio del dovere". Per Kierkegaard la disperazione è una cosa positiva perché, se riconosciuta come condizione propria dell' essere umano avvolto nella superficialità, conduce l'uomo a decidere diversamente, essendo consapevole che nella scelta è in gioco il proprio destino. La "scelta" caratterizza lo stadio etico, stadio dominato da responsabilità. La vita etica è rappresentata dalla condizione del marito. La famiglia meglio esprime l'ideale del dovere morale nel senso più elevato. Nel matrimonio l' amore acquista spessore e profondità: non si può fare quindi a meno della prosa, della normalità, intesa come dovere e impegno quotidiano. La donna, che nella concezione estetica era oggetto di raffinato piacere, nella vita etica simboleggia la concretezza, l' amabilità, la felicità stabile e durevole. Per Kierkegaard la donna è perfetta nella sua natura finita e terrena, dà pace allo spirito irrequieto, infinito e idealistico dell' uomo caratterizzato dalla brama verso qualcosa di trascendente. Sempre per questo pensatore, la donna sarebbe in buoni rapporti col tempo. Inoltre il lavoro crea la comunità, rappresenta il "dovere"comune a tutti. Nella vita etica l' individuo sottopone la propria individualità alle regole della famiglia e a quelle della società; egli sceglie sé come compito, rende un dovere generale unendo universale e particolare, divenendo un uomo singolo, affrontando e superando la frammentarietà della personalità estetica. La descrizione della vita etica simboleggia il modello di vita borghese, basato sul matrimonio, famiglia e lavoro: una vita segnata dalla solita die rapporti. Sebbene l' apparente serenità, nemmeno lo stadio etico è completamente soddisfacente, sarebbe infatti minacciato da conformismo: un tarlo rode la tranquillità della vita familiare e la normalità dei rapporti lavorativi; ritorna l' insoddisfazione pure in questa situazione apparentemente immobile e appagante.
3) STADIO RELIGIOSO => VITA RELIGIOSA
Possiamo capire che per Kierkegaard lo scopo ultimo dell' uomo è la realizzazione della vita religiosa. Il passaggio allo stadio religioso è preannunciato da sentimenti che conseguono l' inconsapevole disagio per la scelta di un' esistenza incentrata sul proprio io, come il senso di colpa e l' inquietudine. Progressivamente il soggetto comprende il profondo squilibrio tra le cose effimere e la dimensione dell' eterno; avverte l 'inadeguatezza morale di fronte a Dio, la distanza tra la natura di peccatore e la perfezione divina, dunque si pente. Il pentimento è proprio la condizione che introduce al "salto" della fede, tutt' altro rispetto a moralità e ragione. Emblema della vita religiosa è la figura di Abramo, il quale vissuto sempre nel rispetto dei propri doveri, improvvisamente riceve da Dio il comando di uccidere il figlio Isacco, in netto contrasto con ogni legge morale e sociale. Abramo si trova perciò nella situazione di dover scegliere: obbedire o meno all' ordine di Dio, un ordine inconcepibile per la morale del genere umano. Abramo decide di compiere il salto della fede, sceglie infatti Dio; la sua scelta è irrazionale e assurda. La fede è paradosso in quanto è contraria all' opinione umana e del mondo, e implica un rapporto individuale tra Dio e l' uomo. L' irrazionalità del comando divino consiste nel segno che Dio ha scelto il patriarca Abramo e gli ha fatto il dono della fede.
Il senso che emerge dall' episodio biblico è, secondo Kierkegaard, che la fede non tollera alcuna giustificazione razionale e crea inquietudine nell' uomo: la fede è un salto nel buio, è paradosso e scandalo.
L' uomo è ex-sistenza, ovvero un essere che può usare da sé nel senso che è un essere in grado di trascendere la propria condizione proiettandosi nel futuro; l' uomo è progettualità e possibilità, è quello che decide di diventare. La possibilità si presenta perciò come qualcosa di non definito, se volessimo definire il concetto di possibilità, diremo che è un rischio che genera angoscia dato che non è sorretto da alcuna indicazione, è pura possibilità. L' angoscia risulta essere il sentimento essenziale dell' uomo posto innanzi alla propria situazione nel mondo. L' angoscia non si riferisce a nulla in particolare: è piuttosto il pilo sentimento della possibilità. Infatti l' uomo nel relazionarsi alle alternative che gli si offrono non ha sicurezza della loro realizzazione, si trova di fronte a scelte equivalenti ma allo stesso tempo opposte, tra le quali deve prendere posizione rischiando errore e peccato.
Per quanto l'uomo non possa riscattarsi dal senso angosciante della libertà, può trovare nella fede in Cristo una via per uscire dal dramma della sua esistenza. L' uomo, oltre che dall' angoscia, è caratterizzato dal sentimento della disperazione. La disperazione si riferisce alla soggettività, riguarda il suo rapportarsi a se stessa. Kierkegaard spiega che l' uomo può essere disperato in un senso duplice: quando non riesce ad accettarsi per quello che è e quando si accetta per quello che è. In entrambi casi la possibilità va incontro allo scacco, si mostra come "impossibilità". La disperazione è perciò dettata dal bisogno e impossibilità della scelta e in questo senso è definita come "malattia mortale" dell' io, tormentato da un' insanabile lacerazione tra finito e infinito, realtà e possibilità.
La fede è l' unico antidoto alla disperazione!
La fede non è rassicurante poiché sconvolge la ragione e super ia suoi limiti. Tutti i dogmi del cristianesimo sono infatti apparentemente contraddittori, a partire da quello della trascendenza di Dio. Poi nella figura di Cristo il paradosso della religione raggiunge la sua massima manifestazione.
La fede quindi si può dunque solo vivere!
Nel bisogno di basare l' esistenza umana su Dio si esprime l' estraneità di Kierkegaard rispetto al proprio tempo, un tempo che nutriva molta fiducia nel progresso dell' umanità e nella storia. La prospettiva filosofica di S.A. Kierkegaard è impegnativa e complessa, ma di straordinaria suggestione, dato che i temi che tratta riguardano da vicino gli uomini di tutti i tempi.